Medicina non convenzionale

Conosciamo meglio il dott. Roberto Fagioli

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Il Dott. Roberto Fagioli, da oltre 40 anni è medico chirurgo, ha dedicato un decennio della sua carriera come assistente alla cattedra di Chirurgia Generale ed Urologica presso l’Università degli Studi di Milano. Si è specializzato in Andrologia presso l’Università di Pisa e ha ampliato le sue competenze partecipando a corsi di specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale e Plastica Ricostruttiva presso l’Università di Nancy.

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L’interesse per la medicina lo ha portato ad esplorare anche altre discipline diventando agopuntore, omeopata, omotossicologo, posturologo, fitoterapeuta e un esperto in medicine naturali. Da 1983, il Dott. Fagioli ha focalizzato la sua attenzione prevalentemente sulle medicine e le metodologie non convenzionali, riconosciute dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Durante il corso della sua carriera, ha avuto l’opportunità di insegnare ai Master di Posturologia presso l’Università di Palermo, di Semeiotica Kinesiologica presso l’Università di Siena e di Metodologia Clinica al master di Medicina Olistica presso l’Università di Pavia.

Attualmente, il Dott. Fagioli riveste il ruolo di direttore del dipartimento di Metodologia Olistica dell’Istituto San Lorenzo in Lodi, è responsabile dell’ambulatorio di Medicina Olistica del Centro Medico Sant’Agostino e di Welfare Italia Solari 6.

Il suo impegno nel campo della medicina si riflette anche attraverso le numerose pubblicazioni accademiche e la partecipazione come relatore in convegni e congressi, sia a livello nazionale che internazionale.

Cosa si intende quando si parla di medicina olistica?

“La medicina olistica prevede, dal mio punto di vista, dei requisiti imprescindibili per poter considerare il paziente nella sua globalità, per quanto possibile ed il paziente lo consenta. I requisiti sono etiopatogenetica, multidisciplinarità e analogica. 

Con il termine, etiopatogenetica, si vuole sottolineare la fondamentale importanza che tale metodologia riserva alla individuazione della causa primaria responsabile del disequilibrio del paziente, il cui compenso spontaneo e quindi non gestito, è causa dei sintomi che conducono il soggetto dal medico

Al medico, sono necessarie non solo competenze accademiche multidisciplinari che gli consentano di contestualizzare in modo mirato il sintomo che ha condotto il paziente da lui, ma anche la conoscenza delle semeiotiche appartenenti ad un sapere medico diverso dal nostro e attualmente considerate non convenzionali che spesso sono in grado di consentire l’identificazione della etiopatogenesi; naturalmente, come abbiamo detto appena sopra, non tanto quella sintomatologica ma quella che potremmo definire originale e causativa.

Certamente appare utile saper cogliere gli aspetti analogici che possono emergere da un corretto rilievo della cartella clinica, da un esame obiettivo che potremmo definire accademico e la messe di segni ed indicazioni che emergono dall’utilizzo della semeiotica considerata non convenzionale.

Faccio queste considerazioni, per altro già precedentemente espresse, per sottolineare quanto sia necessario porre l’accento sulla opportunità di mantenere alto il valore antropologico dell’atto medico che non può e non deve essere solo una espressione asservita alla evoluzione scentifico-tecnologica, orientata a definire in termini matematici tutti gli aspetti della complessità dell’Io. 

Ribadisco con forza che le leggi della natura hanno in sé alcuni tratti non negoziabili, pena la rottura del rapporto comunicativo tra il microcosmo ed il macrocosmo che ognuno di noi concorre a costituire”.

Come può la medicina olistica migliorare la nostra comprensione e gestione delle malattie?

“La riscoperta delle antiche radici che hanno nutrito la medicina occidentale suggerisce la possibilità di nuove e più articolate dinamiche nel rapporto medico – paziente, spingendoci a reinterpretare in chiave olistica il valore semantico dei termini salute e malattia. Ciò ha suscitato tutta una serie di interrogativi le cui eventuali risposte potrebbero suggerire nuovi programmi di ricerca e lo sviluppo di una nuova sensibilità ecologica, verso se stessi e l’ambiente.

D’altra parte, l’evoluzione e lo sviluppo delle attuali tecniche di ricerca hanno reso necessaria una lettura interdisciplinare dei complessi meccanismi che modulano l’omeodinamica di un organismo, evidenziando la straordinaria efficacia del messaggio frequenziale nel regolare il dialogo tra le cellule, i tessuti e l’ambiente esterno. 

Questo conferma ciò che l’antica arte medica aveva ipotizzato fin dall’inizio e in tutte le latitudini, sulla base di osservazioni empiriche, cioè che la vita in tutte le sue forme dialoga costantemente in un rapporto di equilibrio dinamico con la realtà nella quale essa è immersa. 

La rottura di tale equilibrio è recepito inizialmente dal paziente come disagio, compensato da tutta una serie di processi neuro-psico-endorino-immuno-posturali.

Il fatto di riconoscere e rimuovere la causa del disequilibrio, o quantomeno contenerne gli aspetti più destabilizzanti, finirà comunque con il promuovere un equilibrio ad un livello più basso e meno stabile che, per essere mantenuto, richiederà un dispendio energetico maggiore del precedente. 

Tale dispendio energetico sarà a sua volta foriero di ulteriori disequilibri che troveranno il loro compenso nell’azione epigenetica che agirà sulle vie preferenziali geneticamente determinate”.

Omeopatia unicista

Qual è l’importanza di un approccio olistico nella prevenzione e nel trattamento delle patologie?

“Nonostante disponiamo di protocolli accademici e tecnologie di straordinaria efficacia per la ricerca e la definizione dell’elemento etiopatogenetico sintomatologico per una strategia terapeutica efficace, ogni giorno abbiamo la conferma di quanto sia difficile la ricerca del primum movens etiologico, così utile per programmare una strategia preventiva personalizzata. 

La soggettività rende spesso inutile ed inefficace l’applicazione di protocolli standard riferiti al dato sintomatologico, d’altra parte la plasticità neuronale dirigerà all’attuazione dei compensi più opportuni per rispondere rapidamente al dolore e alla riattivazione funzionale con la minore esposizione energetica possibile. Tuttavia, com’è noto, ciò ha un costo che il sistema neuro-psico-endocrino-immuno-posturale dovrà pagare per sostenere il soggetto nella sequela dei compensi che via via saranno resi necessari. 

Per tutte queste ragioni non possiamo parlare di prevenzione primaria senza un approccio metodologico che noi definiamo olistico il quale, al di là dell’aspetto sintomatologico, indaghi il paziente con criteri analogici e multi dottrinali”.

In che modo la medicina olistica può migliorare la prevenzione primaria di fronte a un approccio sempre più standardizzato?

“È fondamentale, purtroppo non è lontano il tempo in cui l’alibi della privacy non consentirà al medico di indagare al di là dei dati ottenuti con la robotica clinica e ciò ridurrà il concetto di prevenzione ad una serie di procedure standardizzate per sesso, età e patologie, magari rilevate attraverso procedure di ingegneria genetica, dati che per molto tempo verranno valutati a prescindere dall’analisi dei condizionamenti epigenetici responsabili della modalità di oggettivazione, con il risultato di una medicalizzazione generalizzata proposta come prevenzione primaria. 

Tuttavia oggi con la metodologia olistica, possiamo avvicinarci con buona approssimazione alla causa prima del disequilibrio dei nostri pazienti e procedere quindi alla pianificazione strategica di una prevenzione primaria aderente al valore semantico con cui l’abbiamo conosciuta sui banchi di scuola”.

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